In questo periodo le conferenze trattano parallelamente due filoni: il cinema greco e quello tedesco, in una "contrapposizione" che prende spunto da quella attuale. Meno noto il primo, di più il secondo, l'ultima parte di questo ciclo riguarda i tre massimi esponenti del cosiddetto "nuovo cinema tedesco": Wim Wenders, Werner Herzog e Rainer Werner Fassbinder.
La conferenza su Fassbinder è stata condotta dal professor Sandro Sproccati dell'Accademia delle Belle Arti di Bologna, del quale avevo già sentito un paio di illuminanti conferenze (su Jean Vigo e su Elio Petri) sempre grazie alla Feedback. Splendida anche quella sul regista tedesco, della quale voglio riportare gli spunti che meglio ho filtrato.
Elementi essenziali
Fassbinder ha prodotto oltre trenta film in meno di vent'anni, prima che la sua vita fosse stroncata da un'overdose di cocaina che complicò definitivamente la sua salute già messa a dura prova da una vita spericolata.
Il suo primo lungometraggio si chiama "L'amore è più freddo della morte". Spesso la sua poetica si è diretta verso l'impossibilità di costruire rapporti amoroso-sessuali "definitivi" (si legga matrimonio) nell'era contemporanea, dominata dal mercato e dalla necessità di accumulare denaro; questa necessità è entrata talmente tanto nella nostra vita da influenzarla al punto che è impossibile accorgersi del suo dominio sul nostro agire. Il matrimonio è visto da Fassbinder in maniera sempre pessimista, una gabbia autodistruttiva che è frutto di un'idea borghese di convivenza e che però spezza completamente le velleità naturali e positive di costruzione di un rapporto sincero e benefico. Nei suoi film gli sposi sono vittime, uccidono e/o si suicidano, mentono al partner, a se stessi e ai figli, si associano per convenienza, si lasciano quando le bugie sono ormai troppo evidenti o quando il benessere materiale si è esaurito. Eppure, spesso, il tutto parte con buone intenzioni; la fine è solo una naturale conseguenza di qualcosa marcio in partenza o di un normalissimo andamento delle vicissitudini umane, in quanto così inconsciamente prese da un falso obiettivo (il bene mobile per eccellenza, il denaro) da produrre tragedie.
L'attacco ai "valori tradizionali" e all'ipocrisia della borghesia però non è così sfacciatamente evidente, come in molti film di registi a lui contemporanei (basti pensare, appunto, a Wim Wenders); Fassbinder è ad esempio lontano (non concettualmente, quanto piuttosto esteticamente) al neorealismo italiano, una corrente "maestra" nel denunciare scandali sociali e allo stesso tempo nello scoprire quanto il linguaggio cinematografico potesse essere un'arma universalmente potente per sensibilizzare la collettività (concetto ancor più prezioso se si pensa al tasso di analfabetizzazione nell'Italia del dopoguerra). La sua critica è sottile e tagliente, al punto da essere forse ancor più efficace, frutto di un'ingegnoso, sperimentale ed innovativo utilizzo delle tecniche cinematografiche.
Non bisogna poi pensare che essa fosse motivata dal suo orientamento sessuale (era omosessuale) in risposta ad una società bigotta: la Baviera del dopoguerra era sì una terra cattolica, ma niente a che vedere con l'Italia del dopoguerra.
Le lacrime amare di Petra von Kant (1972)
Copio da wiki: Petra Von Kant è una famosa stilista che vive sola con Marlene, la sua assistente apparentemente muta, la quale accetta i maltrattamenti e la severità della "padrona" senza battere ciglio. I due matrimoni di Petra sono finiti con la morte del primo marito e con il divorzio dal secondo; entrambi la hanno segnata profondamente. Un'amica le fa conoscere Karin, una ragazza giovane e bellissima, della quale Petra si innamora profondamente. Le due portano avanti una relazione ma col tempo Karin è sempre più fredda e crudele, e inizia a trattare Petra con sadismo, così come ella fa con Marlene. Ad un certo punto Karin lascia Petra per un uomo e questa cade in una profonda disperazione.
La domanda che bisogna porsi prima di vedere la seguente, cruciale scena del film è: quali sono le peculiarità del linguaggio cinematografico rispetto a quello letterario? Per esempio: come possono uno scrittore e un regista descrivere una persona che sta mentendo ad un'altra? Per quanto riguarda il primo, esso può ricorrere ad un narratore onniscente e, dopo che il personaggio ha terminato il suo racconto menzognero, scrivere ad esempio "Mentiva, sapendo di mentire." Noi lettori leggeremmo tutto ciò e capiremmo in maniera molto naturale ciò che l'autore vuole comunicarci.
Da questo punto di vista il linguaggio cinematografico è meno potente. E' possibile anche in questo caso inserire una voce fuori campo che, su un fermo immagine della protagonista, ci dice esattamente la stessa cosa. Risulterebbe però, al contrario del libro, notevolmente più pesante (ed è il motivo per cui molto spesso i narratori onniscenti nei film in realtà sono personaggi del film stesso) oltre che banale.
In questa scena Petra sta spiegando all'amica com'è terminato il suo secondo matrimonio. Guardiamo prima la scena e poi vediamo di commentarla. Purtroppo sono riuscito a trovare solo il film (quantomeno in HD) in ungherese, ma sottotitolato in inglese. La scena va da 21.39 a 30.20. Per inserire i sottotitoli è necessario cliccare sull'icona della rotella in basso a destra.
Da notare immediatamente l'utilizzo dello specchio (tecnica che userà anche in altri film), che ci permette di vedere sia il volto di Petra che dell'amica, attonita dopo la notizia, in un'unica sequenza, senza dover operare stacchi di montaggio. E ci fa capire, anche dall'abbigliamento, come Petra, che sembrava così legata al marito, sia in realtà disinibita e libertina, a differenza dell'amica, ben più bigotta, avvolta nel suo bigotto visone vero. Seguendo il dialogo ci riconduciamo all'iniziale discorso sull'illusione dei rapporti e del matrimonio, che fallisce non tanto per motivi "pratici" come il tradimento, in quanto i due cercavano il piacere reciproco sopra ogni cosa, quanto per motivi che verrano spiegati dopo.
Eppure, proprio mentre Petra dice che la rottura non è dovuta a eventi o persone esterne (22.53), giunge proprio una persona esterna alla scena, ovvero l'assistente. Questo arrivo è ben sottolineato da entrambe le protagoniste: via lo specchio che ci dava le immagini di entrambe, sguardi puntati su di lei, telecamera che indugia sul suo volto. Coincidenze?
Il tè viene servito e "l'intrusa" si rimette al lavoro in secondo piano. Il discorso tra le due prosegue, con Petra che insiste nel dire che non c'è motivo di proseguire una relazione se i partner devono costringersi in cliché, in "ruoli" e che si è spezzato in realtà un sogno di voler rendere perfetto un amore, a cui seguono le finto-realistiche quanto bigotte (l'ho già detto?) risposte dell'amica.
Ed ecco che a 27.19 parte un geniale, lentissimo carrello, che progressivamente inserisce l'inserviente-disegnatrice in mezzo alle due protagoniste, al punto che, a 28.31, giunge al suo culmine, con l'amica che si riposa sul letto in realtà per far vedere nella stessa inquadratura Petra e l'inserviente. Noi sappiamo che Petra sta parlando all'amica, il suo sguardo è rivolto in basso a sinistra, eppure, nella scena, che dura alcuni minuti, c'è anche l'inserviente, teoricamente estranea. Perché?
Proprio mentre Petra sta spiegando i motivi che hanno portato al divorzio, ecco che l'inserviente diventa protagonista, smettendo di dipingere e girandosi verso di lei (29.18), con la camera che pian piano va a catturare il suo sguardo avvilito. E da qui, noi capiamo che Petra sta mentendo all'amica.
Guardando il resto della pellicola, capiremo il reale orientamento sessuale di Petra (omosessuale) e che la vera causa del suo divorzio è stato proprio questo: una relazione clandestina con la sua inserviente (donna).
La chiusa di questa scena magistrale è però il vero capolavoro. A 30.01 c'è uno stacco focale molto evidente, sfoca l'inserviente e ci riporta (dopo qualche secondo) sul volto di Petra perfettamente a fuoco; teoricamente questo sarebbe un enorme errore tecnico, un po' come guardare in camera per l'attore. O lo stacco è rapido, oppure si toglie il fuoco dall'inserviente e si passa a Petra anch'essa sfocata, per poi rimetterle il fuoco successivamente, ma non si toglie il fuoco per un lungo tempo da un personaggio e si stacca su un altro perfettamente a fuoco!
Ovviamente non si tratta di un errore, ma di un espediente cinematografico (impossibile con il linguaggio letterario) a dimostrare quanto a Petra, che sa bene il vero motivo del divorzio, non interessi minimamente la sua inserviente con cui ha avuto una relazione; la sua sfacciataggine è evidente nelle parole che sta rivolgendo all'amica (bugie), la durezza del suo cuore lo è in questo splendido passaggio focale.
Fassbinder, con due tecniche semplicissime e note sin dagli albori del cinema (movimento di camera e inquadratura dei personaggi), utilizzate però in maniera straordinariamente sapiente ed innovativa, coglie gli aspetti peculiari del linguaggio cinematografico, esaltandolo, rendendolo univoco, raffinato e potente.
Martha (1974)
Wikipedia: Marta è una giovane donna che lavora presso la biblioteca di Costanza, in Germania. Durante un viaggio in Italia rimane orfana del padre che si accascia, colpito da infarto, sulla scalinata di Trinità dei Monti. Poco dopo intravede un uomo di sfuggita. Il loro sguardo, che si incrocia per un attimo, fissa il triste destino dell'ignara Martha.
Tornata in Germania, viene a conoscere Helmut, un uomo all'apparenza perfetto: un buon lavoro nell'industria del cemento, una bella casa, parole giuste per ogni occasione, tanto che risulta anche noioso. Egli non è altro che l'uomo intravisto all'inizio. I due si sposano e la donna è inizialmente felice. Tuttavia l'eccessiva "normalità" dell'uomo si rivela piano piano repressiva nei confronti di Martha, che viene sottoposta a una continua violenza psicologica, ed Helmut arriva anche a violentarla. Martha viene plasmata: per gelosia il marito arriva a proibirle persino di uscire di casa. Inoltre, infuriato per i suoi gusti musicali (lei ama Donizetti come il padre mentre il marito vuole imporle Orlando di Lasso, meno "svenevole" secondo i suoi gusti) e perché non ha apprezzato un libro sull'industria del cemento che le è stato imposto, abbandona la casa per qualche giorno, trovando al ritorno i desideri realizzati.
Martha precipita progressivamente in una forma di terrore misto a follia, cui fa da pendant la condotta del marito, per il quale la moglie è sostanzialmente il mobile più prezioso e piacevole della sua bella ed austera casa, oltre che una delle fonti della rispettabilità della sua posizione in società.
Martha è paralizzata, succube senza motivo di un uomo che ormai sembra essere arrivato a possederla totalmente, privandola di ogni volontà autonoma. La scena forse più intensa è quella in cui la reclusa Martha, spesso lasciata sola dal marito fuori per lavoro, decide di comprare un gatto per sentire la vicinanza di un essere vivente. Helmut le fa poi trovare morta la povera bestia, e Martha, china a terra sul corpo esanime dell'animale e in preda alla disperazione, viene violentemente presa da Helmut che la possiede "con passione".
Martha, piena di graffi in viso, vorrebbe raccontare le violenze subite ad un'amica, ma non ci riesce, perché pensa che non le crederebbe. L'ultima speranza è un amico che si era offerto di aiutarla e che lei tenta disperatamente di contattare. Trovatolo, è in preda al terrore ed è convinta che il marito la stia seguendo. Saliti in macchina, accelerano perché Martha crede che l'automobile del marito la stia seguendo (ma in realtà si tratta di un veicolo che nulla ha a che fare con la vicenda), e nell'incidente che ne deriva l'amico di Martha muore e lei perde l'uso delle gambe.
Ultima scena: Martha è nel letto di ospedale. L'infermiera le dà la triste notizia lasciandole però intendere che per fortuna avrà sempre al suo fianco un marito irreprensibile e premuroso come Helmut (che, non abbandonandola, rivela una fedeltà che potremmo dire morbosa).
Una delle scene più note girate da Fassbinder è proprio l'incontro iniziale tra i due protagonisti, a cui seguirà una tragica storia d'amore sadomasochista.
Lo sguardo tra i due si trasforma in un inviluppo incessante, un colpo di fulmine tramutato in spire avvolgenti ma anche vagamente sinistre, che presagisce quanto i due, in futuro si troveranno dipendenti l'uno dall'altro, senza possibilità d'uscita. L'effetto è reso talmente alla perfezione che i protagonisti sembrano girare su se stessi, quasi ballassero un valzer. In realtà stanno semplicemente camminando in direzioni opposte, si incontrano, si guardano e passano oltre. La camera però, gira attorno a loro in maniera talmente rapida e precisa da creare un clamoroso effetto a spirale; un effetto che crea e insieme sottolinea lo sconvolgimento dei due dovuto a quell'incontro e, parallelamente, quello di noi spettatori.
Curioso è notare come il passo "effeminato" accennato da Bohm a 0.49 sia dovuto alla sua necessità di scavalcare un ostacolo: è in effetti il carrello che ha permesso di girare questa scena circolare.
Una probabile "auto-citazione" di questa scena è presente anche in Roulette Cinese del 1976, in cui un becero rapporto di coppia tra borghesi, rovinato da anni di menzogne e tradimenti, si rinfranca (grazie ad una tragedia) nel finale con questa splendida sequenza, che vede i due prima avvolti in una spirale cinematografica, poi abbracciarsi calorosamente. Un abbraccio che però è una farsa, è tardivo e nemmeno sincero, considerando il passato dei due; Fassbinder ce lo sottolinea chiaramente, in quanto la camera smette di ruotare proprio quando, a 1.19.53, l'angolo della vetrina si frappone tra i due "amanti", indugiando su questa separazione visivo-metaforica.
Una probabile "auto-citazione" di questa scena è presente anche in Roulette Cinese del 1976, in cui un becero rapporto di coppia tra borghesi, rovinato da anni di menzogne e tradimenti, si rinfranca (grazie ad una tragedia) nel finale con questa splendida sequenza, che vede i due prima avvolti in una spirale cinematografica, poi abbracciarsi calorosamente. Un abbraccio che però è una farsa, è tardivo e nemmeno sincero, considerando il passato dei due; Fassbinder ce lo sottolinea chiaramente, in quanto la camera smette di ruotare proprio quando, a 1.19.53, l'angolo della vetrina si frappone tra i due "amanti", indugiando su questa separazione visivo-metaforica.
Ho riportato 2 film su 5 visionati durante la serata (Lola, Roulette cinese, Effi Briest sono le altre tre pellicole scelte da Sproccati) e la produzione di Fassbinder supera abbondantemente i 30. La pochezza di queste righe è dunque notevole, ma a mio parere si tratta un cinema di indubbia qualità ed interesse, che spero di riuscire ad approfondire e di trattare nuovamente.
Nessun commento:
Posta un commento